La Cassazione riassume presupposti e limiti operativi dell’“onere di contestazione”

La Cassazione riassume presupposti e limiti operativi dell’“onere di contestazione”
10 Settembre 2018: La Cassazione riassume presupposti e limiti operativi dell’“onere di contestazione” 10 Settembre 2018

Con l’ordinanza n. 19490/2018 la Seconda Sezione della Cassazione si è pronunciata su una controversia che riguardava l’impugnazione di un testamento olografo, che aveva pretermesso alcuni parenti dei de cuius a favore di una nipote e della Casa di riposo che lo aveva ospitato, istituendoli propri eredi. La sentenza di primo grado aveva accolto la domanda di un fratello del de cuius, annullando il testamento ex art. 591, comma 2, n. 3 c.c., avendo ritenuto che il testatore fosse affetto da incapacità naturale, decisione che la Corte d’appello aveva sovvertito, ravvisando invece l’insussistenza di quest’ultima. La Cassazione ha respinto il ricorso promosso dal  fratello del de cuius, ritenendo correttamente motivata la sentenza d’appello che aveva ravvisato l’insussistenza della prova del fatto “che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto [fosse] privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere” (giurisprudenza costante: cfr. Cass. civ. n. 27351/2014, 9081/2010, 8079/2005). A tal fine la Corte ha ricordato, per quanto “il dato clinico, comunque necessario, costituisce uno degli elementi su cui il giudice deve basare la propria decisione”, questa deve tuttavia tener conto anche del “contenuto dell'atto di ultima volontà e gli elementi di valutazione da esso desumibili, in relazione alla serietà, normalità e coerenza dalle disposizioni nonché ai sentimenti ed ai fini che risultano averle ispirate" (Cass. civ. nn. 230/2011, 5620/1995), ciò che la Corte territoriale aveva puntualmente fatto nel caso specifico. Tuttavia, col primo motivo di impugnazione il ricorrente censurava la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente, a suo dire erroneamente, la prova di un fatto che asseriva non esser stato tempestivamente contestato, ex art. 115, comma primo c.p.c.. La Cassazione ne ha tratto lo spunto per riassumere non solo i ben noti principi di diritto in tema di onere di contestazione, ma anche alcune precisazioni, molto importanti sotto il profilo pratico, quanto ai suoi presupposti ed ai suoi concreti limiti applicativi. In proposito la sentenza premette che “il principio di non contestazione di cui al riformato art. 115 c.p.c. (applicabile ratione temporis al presente giudizio, instaurato con citazione del 1 settembre 2009), così come l'onere di specifica contestazione tempestiva (desumibile dagli artt. 167 e 416 c.p.c.) è principio coerente a tutto il sistema processuale (costruito sul carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena; sul sistema di preclusioni, che comporta per entrambe le parti l'onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; sui principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e, soprattutto, sul generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost.)”. Ne consegue che “ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto, Cass. n. 8647 del 2016) un onere di allegazione (e/o prova), l'altra ha l'onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto (Cass. n. 5191 del 2008; cfr. anche Cass. n. 1540 del 2007; Cass. n. 12636 del 2005; Cass. n. 3245 del 2003)”. Subito dopo la Corte ha precisato che “tale principio (che riguarda solo i fatti cd. primari, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato, e non si applica alle mere difese: Cass. n. 17966 del 2016), sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, e non anche per quelli ad essa ignoti (Cass. n. 14652 del 2016)”.

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